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Biografia

Michele Tamaso nasce a Milano nel 1937 dove tuttora risiede. Dodicenne inizia a destreggiarsi con pennelli e colori ai quali affianca, anni dopo, collaborazioni a settimanali sportivi ed agenzie giornalistiche firmando numerosi articoli. Interrompe gli studi a indirizzo classico, frequenta per breve tempo il corso di nudo a Brera e decide, che sarà la Pittura a dare un significato alla sua esistenza. Negli anni ’50/’60 l’atmosfera che si respira nell’intreccio di stradine che accerchiano l’Accademia di Brera è elettrizzante; da Gabriele a Pino alla Parete, dalla Titta alle sorelle Pirovini, al Giamaica di mamma Lina… sono i luoghi di incontro dove ci si confronta con interminabili dispute sul significato dell’arte, si elaborano le teorie e si coltivano le speranze.

Nel 1962 in uno studio in via Machiavelli, nel quale operavano Borgognoni e Caminati, Tamaso interrompe il procedere nella sua personalissima indagine figurativa per compiere delle incursioni in una ricerca sul colore suddiviso per scansioni. Dell’avere una mostra sembra non lo interessi molto; i quadri li fa, tra galleristi e privati talvolta li vende e tanto gli basta.

Nel 1967 si trasferisce sulla collina torinese e nel suo lavoro caratteri sempre più astratteggianti definiscono le sollecitazioni naturalistiche che riceve dal territorio circostante. È una analisi introspettiva in costante e graduale trasformazione. Nel 1980 alla galleria Davico di Torino si presenta, tra le altre opere, con un trittico composto da tre piccole tele ognuna delle quali della misura di 24 x 30 centimetri. Questo Trittico suggerisce un progetto le cui premesse e conclusioni vengono esplicitate in un manifesto del 1984 dal titolo “Strutture Polittiche Polivalenti”.

Una esauriente esposizione delle Strutture Polittiche avviene a Milano presso la galleria Zarathustra nel 1981. Ma l’esempio più significativo sulla duttilità di questo progetto lo abbiamo allorché il gallerista Luigi Bellini di Firenze invita Tamaso, nell’ambito della mostra internazionale “I grandi maestri e le nuove frontiere culturali”, alla realizzazione di una installazione ovoidale collocata a tre metri di altezza che si sviluppa per 72,10 metri all’interno del Salone P.L. Nervi delle terme di Chianciano; è l’anno 1984.
Decide di rientrare a Milano ed apre uno studio alla Cascina Carla in san Pietro a’ Olmo ove ha inizio un nuovo ‘viaggio’ troppe volte rimandato: Verso la Scultura. Si cimenta con innumerevoli fusioni in bronzo ed alluminio affrontando ben presto quello che ritiene un passaggio obbligato: togliere anziché modellare, scavare, ed è soprattutto la pietra a conquistarlo. È del 1986 la collocazione di un bronzo intitolato ”Omaggio all’Etrusco” nell’atrio di Palazzo Sormani sede della Biblioteca Comunale di Milano.
Nel 1990 realizza due grandi vetrate a sviluppo circolare legate a cemento per la nuova chiesa di Senna Comasco (CO), progetta anni dopo una vetrata, sempre legata a cemento, per la chiesa di Settimo Milanese firmata dall’architetto Belgioioso e realizza tre vetrate collocate nel Qatar (Emirati Arabi).

Nel 1993 un mutamento radicale del suo operare avviene nel corso della realizzazione di un quadro in cui rappresenta due angolari d’acciaio diagonalmente longitudinali e senza soluzione di continuità; per la prima volta linee rette, anche se annunci di avvicinamento alla forma geometrica si potevano riscontrare in due sculture precedenti: “Le orme del tempo“, un bronzo ora nella sede di Banca Intesa del 1989 e in “Quattro linee di fuga” in pietra di trani utilizzata successivamente per un manifesto annunciante la mostra dell’artista al Museo di Milano.

Un impianto architettonico sostituisce l’emozione lirica; il progetto occupa lo spazio prima affidato alla forza espressiva di una gestualità dell’immediato, ed agli innumerevoli materiali interrogati ed indagati aggiunge il vetro industriale attribuendo ad esso un ruolo sempre più importante. Nel 1996 colloca, in permanenza, nel loggiato del Giardino d’Onore del Palazzo Ducale di Mantova una scultura in ferro alta tre metri intitolata “Triangolo” (qualche anno dopo misteriosamente scomparsa).
Nel 2005, dopo essersi applicato per un lungo periodo con intensità alla scultura, avverte la necessità di aggiungere alla sua ricerca pittorica le conclusioni alle quali è pervenuto cercando nell’ambito plastico: nascono le “Ambivalenze” (che succedono alle opere “Architettoniche” del 1994 in bianco e nero ed impostate sempre su dimensioni quadrangolari) con le quali propone di offrire all’osservatore materia per una analisi della superficie quasi sempre mobile che introietta stratificazioni percepibili ai vari livelli della immaginazione ove l’ignoto, talvolta, assume valenze primarie.
Nel 2006, per una compagnia di assicurazione, realizza una grande scultura in granito-alluminio e parallelepipedi obliqui in vetro.
Si assiste in questi decenni ad una ricerca interdisciplinare in cui Architettura / Pittura / Scultura si fondono in una unica sostanza.

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